Oggigiorno sempre più coppie decidono di non contrarre matrimonio, preferendo un rapporto di convivenza.
In caso di interruzione di questo rapporto, una domanda molto frequente attiene alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali. In costanza del rapporto, infatti, i due ex conviventi ben potrebbero aver investito diverso denaro per le esigenze della famiglia di fatto.
Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un immobile, adibito a casa familiare, intestato ad un solo convivente (magari per ragioni fiscali), rispetto al quale l’altro convivente ha versato importi considerevoli (anche una tantum, per agevolare l’acquisto). Questi importi, una volta terminata la convivenza, devono essere restituiti?
Sul punto, la Giurisprudenza ha precisato che “in materia di rapporti fra conviventi more uxorio l’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale”.
Pertanto, sempre secondo la Giurisprudenza di legittimità è possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro “in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza” (cfr., ex multis, Cass. Civ. n. 14732/2018; Cass. Civ. n. 11330/2009).
Gli Avvocati Alessandra Giordano ed Elena Laura Bini precisano che “alla luce dei principi giurisprudenziali sopra richiamati chi voglia agire per ottenere la restituzione di quanto versato in costanza di convivenza, deve sapere che è suo onere dimostrare che i versamenti effettuati non integravano un’obbligazione naturale in quanto, per la loro entità e le modalità di erogazione, si collocavano oltre la soglia di proporzionalità ed adeguatezza del doveroso contributo al mènage familiare”.
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