A confronto sul divano

A confronto sul divano

Pomeriggio di studio e approfondimento sui significati e sulle implicazioni dell’integrazione

di Roberto Carnevali

Il 26 novembre si è tenuto a Busto Arsizio, presso villa Calcaterra, organizzato dalla Scuola di Psicoterapia Integrata e di Comunità nell’ambito delle Giornate di chiusura dell’anno formativo 2022, un incontro con Giorgio G. Alberti, Roberto Carnevali e Alessandra Micheloni, nel quale si è dibattuto sui significati e le implicazioni cliniche dell’integrazione. I tre relatori parteciperanno ad aprile 2023 al congresso “Psicoterapia Relazionale Integrata, modelli formativi e pratica clinica a confronto”, e questo dibattito, coordinato dalla direttrice didattica della Scuola, Chiara Massazza, che a sua volta parteciperà al congresso di aprile, ha rappresentato una prima occasione per aprire un discorso sull’integrazione in psicoterapia, offrendo alcuni spunti che nel corso di questi mesi verranno sviluppati in varie modalità. L’incontro è stato anche un’occasione per presentare il libro di Giorgio G. Alberti Teoria e pratica della psicoterapia integrativa, edito da FrancoAngeli, e il libro PSICOTERAPIA RELAZIONALE INTEGRATA, Modelli operativi e pratica clinica a confronto, edito da Psiche Libri, a cura di Roberto Carnevali e Alessandra Micheloni.
Un primo argomento che è stato oggetto di dibattito ha riguardato la differenza posta da Giorgio Alberti fra “eclettismo” e “integrazione”, sottolineando il fatto che l’integrazione necessita di un approfondimento delle varie metodologie a cui si attinge per operare in modo integrato, avendo una visione d’insieme dell’intervento che si pone in essere, mentre l’eclettismo si limita a raccogliere frammenti di varie teorie e tecniche applicandole in modo settoriale, mancando di una visione d’insieme che è invece necessaria perché l’intervento abbia un senso compiuto. La prospettiva integrata di Alberti si declina dunque nell’approfondimento della conoscenza di varie teorie e tecniche, e nella scelta operativa di applicare l’una o l’altra, a seconda dell’opportunità, nell’ambito di uno specifico intervento terapeutico. La proposta di Carnevali e Micheloni riguarda una prospettiva integrata che si fonda sul confronto di più prospettive in un lavoro d’équipe, nel quale l’integrazione è tale in quanto espressione di questo confronto che sfocia in un intervento articolato nel quale ogni membro dell’équipe gioca il proprio ruolo. Micheloni, approfondendo il discorso, ha raccontato la sua esperienza, prima di tirocinio e poi di lavoro integrato in un’équipe, evidenziando il fatto che l’integrazione è un metodo, e che non è sufficiente far parte di un’équipe per saper lavorare in modo integrato. I tre relatori sono così arrivati a concordare sul fatto che non è solo il contesto a porre i presupposti per una prospettiva integrata. Alberti ha sottolineato che il suo concetto di integrazione riguarda il lavoro terapeutico sull’individuo, mentre la proposta di Carnevali e Micheloni si fonda sul lavoro terapeutico in équipe, ma in fondo si è arrivati a concordare sul fatto che l’“approccio integrato” è un metodo, un modo di pensare e di concepire il lavoro terapeutico, contemplando la possibilità di un aprirsi al confronto in una dimensione di formazione permanente senza rinchiudersi in teorie pre-scritte alle quali attribuire un valore assoluto.
Concludo con un’affermazione che mi è cara, e che rappresenta una chiave di volta di uno stile di lavoro fondato sull’integrazione: “Uno psicoanalista può lavorare efficacemente in un’istituzione se applica la psicoanalisi nell’istituzione senza pretendere di applicare una psicoanalisi dell’istituzione”. Dico questo da psicoanalista che non ha rinunciato a sentirsi tale mantenendo aperto il confronto con altre forme di terapia, e ritengo che questa affermazione possa applicarsi ad ogni forma di terapia che non pretenda di ergersi a verità assoluta. E parlo non solo delle istituzioni che troviamo nel mondo ma anche delle nostre istituzioni interne, alle quali la psicoanalisi, e ogni buona terapia, dovrebbe saper portare costruttivamente un proprio contributo trasformativo.

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