Ucraina, guerra barbara

Ucraina, guerra barbara

Le quotidiane dolorose immagini del conflitto Russia Ucraina al centro di una riflessione di Teresio Bianchessi.

Di Teresio Bianchessi

Le quotidiane dolorose immagini del conflitto Russia Ucraina continuano a farmi lacrimare, fatico molto a parlarne ma l’indignazione di fronte alla rappresentazione peggiore “dell’uomo in guerra” è forte.
La storia sembra non insegnare nulla, le barbarie si ripetono; nella prima guerra mondiale le armi prevalentemente usate furono giovani uomini, leve definite dai generali “materiale umano”, di fatto carne da macello spedita a morire in fetide trincee; in quel conflitto si piansero le morti al fronte di tanti mariti, figli, parenti, il loro spaventoso numero sui monumenti ai caduti di ogni paese.
In quella prima guerra l’aviazione non c’era, arriva prepotente col secondo conflitto mondiale, Milano ancora ricorda i bombardamenti dell’agosto del ’43 che provocarono 2000 morti e che ispirarono i versi di Eugenio Montale: “Invano cerchi tra la polvere, / povera mano, la città è morta…”.
La morte, così, oltre che al fronte, arriva anche nelle città.
L’attuale conflitto in Ucraina, invece, ricorda gli assedi medievali, con le catapulte sotto le mura a lanciare palle di fuoco; stavolta l’assedio però è vile, il nemico non è li sotto, non corre rischi di dardi e pece bollente, perché la “catapulta” è lontana, agile, si muove veloce e le “palle di fuoco”, i missili, vengono lanciati con un clic e poiché sono tutto men che intelligenti uccidono innocenti nel letto, per strada, mentre vanno al lavoro, bambini che giocano nel parco, pazienza.
Quando poi accade che un’esplosione danneggia il ponte che collega la Russia alla Crimea si riode una tremenda parola che incute terrore e che mai più avremmo voluto sentire: rappresaglia, a significare più “palle di fuoco” capaci di uccidere di più e ancora più lontano.
Queste mie riflessioni non portano da nessuna parte ma mi addolora che almeno l’occidente, parlo dei popoli non dei poteri, non si schieri con ferocia per la pace invadendo le piazze, perché finisca, perché vinca la mediazione, la diplomazia, perché si dica una volta per tutte: No alla guerra.
Pigrizia, indifferenza, egoismo, stress da lavoro?
Dovessi scegliere fra queste ipotesi punterei il dito contro lo stress da lavoro.
La prendo larga; una volta, e ancora oggi in certi paesi sottosviluppati, si sosteneva giustamente che senza scolarizzazione, senza istruzione non poteva esserci ne libertà ne democrazia, questo da noi è avvenuto, ma pur istruiti, per capire, per discernere, per partecipare bisogna avere… tempo!
Chiedere, conquistare, disporre di tempo dopo aver avuto istruzione sarebbe rivoluzionario e lo credo possibile pensando a quanto le tecnologie hanno abbreviato i processi lavorativi: in metà tempo, vado per stima, si triplicano o più risultati e ricavi e di questo vantaggio dovrebbero beneficiarne tutte le componenti lavorative; rasserenerebbe il mondo del lavoro e conseguentemente la vita, favorendo una società migliore.

Non c’è nell’anima dei popoli il germe della guerra!

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