Com’è noto, uno dei doveri nascenti con il matrimonio è quello di reciproca fedeltà dei coniugi ai sensi dell’art. 143 Cod. Civ.
Non vi è dubbio che dal punto di vista emotivo la scoperta di un tradimento possa comportare forte patimento emotivo, tuttavia, non sempre il dispiacere è fonte di danno giuridicamente risarcibile.
Il tradimento è infatti risarcibile quando il patimento superi la soglia della tollerabilità e si traduca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale il diritto alla salute o alla dignità personale e all’onore.
In mancanza di una simile compromissione il tradimento rileva solo ai fini dell’addebito della separazione.
A differenza di quello che comunemente si pensa l’addebito della separazione produce nei confronti del coniuge “traditore” il venir meno del diritto al mantenimento, nonché il venir meno dei diritti successori sin dalla fase della separazione coniugale.
In pratica, la pronuncia di addebito della separazione non è fonte di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 Cod. Civ., salvo che la condotta che ha dato luogo all’addebito comprometta i diritti del coniuge incolpevole.
“La responsabilità del coniuge traditore, come pure la tipologia e l’entità del danno, devono essere oggetto di rigorose prove, di cui è onerato il coniuge incolpevole”. Precisano gli Avvocati Alessandra Giordano ed Elena Laura Bini dello Studio Legale Lambrate.
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