L’Epifania arriva 12 giorni dopo il Natale, festa importante per la Chiesa perché, grazie ai Re Magi, che han fatto allora quello che fanno i social oggi, ha fatto conoscere e reso pubblico a tutto il mondo, Gesù.
Il proverbio ci ricorda che, andandosene, i tre cavalieri venuti da lontano, portarono via tutta la trepidazione dei giorni che han preceduto l’evento che ha cambiato il mondo.
La tradizione ci racconta che fino al secolo scorso i contadini, per rischiarare e favorire il periglioso rientro di Gaspare, Melchiorre e Baldassare, accendevano molti fuochi nei campi.
La tradizione del rogo ad inizio d’anno, quasi ovunque alla vigilia dell’Epifania, ha anche il significato di bruciare il male e gettare nuova luce sul tempo nuovo che avvia i primi passi; talvolta il fuoco è benedetto dal parroco e lo scoppiettare dell’acqua santa viene identificato con le grida del demonio infuriato che fugge.
Altra remota tradizione ci racconta che le ragazze, pronte a maritarsi nel nuovo anno, la vigilia dell’Epifania, accartocciavano singolarmente tre fagioli: uno intero, uno mezzo sbucciato e uno interamente sbucciato e li riponevano, la notte, sotto il cuscino e, al risveglio, due li buttavano e quello che restava era presagio delle condizioni economiche che avrebbero incontrato in casa del loro amato.
Oggi, molto più prosaicamente, in tempi di lavoro e di stress per uomini e donne, il proverbio suona come una “sciagura”, perché ricorda che le attività ripartono più frenetiche di prima e che all’orizzonte, pause extra non ce ne saranno più per un bel po’.
Non scoraggiamoci però, ripartiamo mantenendo nel cuore la tenerezza del Bambino.
Buon anno!
di
Teresio Bianchessi